Il dibattito che ruota intorno alla sanità pubblica nazionale ed in particolare in quella della Provincia di Latina, con le sue ormai riconosciute criticità operative degli ospedali di Terracina e Fondi, crea scontenti tra i cittadini – utenti, e tra chi ci lavora con sacrificio diuturno e in prima linea.
In questa occasione ci soffermiamo sulle problematiche dei laboratori di analisi interni alle strutture ospedaliere del Fiorini di Terracina e del San Giovanni di Dio di Fondi, con disamina anche del Dono Svizzero di Formia.
Come è risaputo, almeno tra agli addetti ai lavori e forse a pochi utenti non “sonnambuli”, il laboratorio prelievi e analisi cliniche dell’ospedale di Terracina è da tempo diventato struttura quasi ad esclusivo servizio degli utenti esterni e per le urgenze del pronto soccorso, mentre ricordiamo che è fornito di attrezzature di ultima generazione e con ben OTTO tecnici impiegati, che vi lavorano h24.
Ma stante l’attuale situazione organizzativa, questi OTTO operatori sono sicuramente sottoutilizzati rispetto alle reali potenzialità operative.
Il lavoro per la raccolta prelievi inizia alle prime ore della mattinata, a beneficio dell’utenza esterna e per i ricoverati del “Fiorini”, con la consegna delle “provette” non prima di mezzogiorno ad un “camminatore auto-munito” che le porterà al centro di raccolta dell’ospedale Santa Maria Goretti di Latina, dove, in una sorta di catena di montaggio lavora anche quelle provenienti dai centri autorizzati Asl, da Aprilia fino a Terracina.
I risultati delle analisi richieste saranno poi disponibili, se non vi sono intoppi di sorta, a pomeriggio inoltrato.
Questo sistema crea gravi difficoltà agli utenti assistiti dai CAD (assistenza domiciliare), un “popolo” formato da ammalati allettati: tumorali o portatori di gravi patologie.
Crea problemi seri anche agli oncologici che si apprestato, dietro appuntamento, a fare la chemio e agli ammalati (TAO) in attesa dei risultati della coagulazione per eventualmente variare la terapia salvavita.
Tutti questi bistrattati “clienti” del sistema sanitario provinciale dovrebbero ricevere, invece, una prestazione – ad horas – e non a “babbo quasi cadavere”.
Il singolare e dispersivo sistema operativo posto in atto dalla sanità pontina, però, sembra non valere per l’ospedale “Dono Svizzero di Formia”, che lavora con i propri addetti di laboratorio sia le “provette” dei ricoverati interni, sia quelle degli utenti esterni alla struttura ospedaliera, sia quelle dei cittadini delle isole Pontine.
Chiudendo la competenza territoriale del Sud pontino, il “Dono Svizzero” lavora anche le “provette” dei ricoverati e dei richiedenti esterni del San Giovanni di Dio di Fondi.
Tutto questo ambaradan per una criticabile disposizione, che genera figli e figliastri tra i tecnici di laboratorio operanti all’interno della stessa Asl, oltre a penalizzare gli utenti di un servizio che dovrebbe essere ineccepibile sotto tutti i punti di vista.
Rimaniamo convinti, alla luce anche di questa specifica realtà provinciale poco ottimale di offerta di sanità pubblica, che per ridare efficienza al sistema occorrerebbe una sua radicale riforma, senza ulteriori privatizzazioni dei servizi, che andrebbero gestiti in modo responsabile e razionale, sbarrando infine la strada alla “lottizzazione della sanità pubblica da parte della politica”.
Ma la strada indicata sarà mai percorsa fino in fondo?
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