domenica 24 Novembre 2024,

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Storace: Renzi e Zingaretti condividono parole violente

scritto da Redazione
Storace: Renzi e Zingaretti condividono parole violente

E’ davvero indegno il modo di fare dell’attuale sindaco di Roma, Ignazio Marino. Quanto ha urlato ieri sera alla Festa dell’Unità contro la destra che dovrebbe tornare nelle fogne è incivile, vergognoso, irresponsabile. E mi piacerebbe capire se anche Renzi, se anche Zingaretti condividono questo modo di comunicare violento, guerrafondaio, criminale. In particolare il governatore, che viene da quella tradizione comunista da cui germinò quel tristissimo ‘uccidere un fascista non è reato’ che sparse sangue lungo le strade della Capitale e non solo: anche in regione dobbiamo aspettarci questo genere di sparatorie verbali? Marino non capisce molte cose, ma è davvero grave il suo linguaggio estremista, da anni ’70: gravi e pericolose, nella città che amministra malissimo, proprio quelle frasi hanno causato lutti enormi negli anni di piombo“. Lo afferma sulla sua pagina facebook Francesco Storace, vicepresidente del Consiglio regionale del Lazio e segretario nazionale de La Destra.
Verrebbe da rispondere semplicemente che Marino provoca disgusto, ribrezzo e oramai dovrebbe essere sottoposto lui a trattamento sanitario, obbligatorio – continua Storace – Il problema è che non basta quello che potrebbe apparire semplicemente dileggio di fronte a parole che sono pietre e pallottole nelle memoria di chi ha vissuto quella terribile stagione. Marino si presentò agli elettori come il ‘Sindaco di tutti i romani’. E invece è un fazioso della peggiore specie che deve ricorrere ad una violenza – per ora parolaia – per cancellare il suo disastro amministrativo. Dovrebbe invece sapere che il primo cittadino è chiamato a rappresentare anche chi non la pensa come lui e non merita, per questo, le sue minacce. Un sindaco che rigetta Roma nel terrore della guerra in strada fra opposti estremismi non può restare un minuto di più sulla sua seggiola. Tra mafia e istigazione a delinquere Roma non ne può più“.

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