Ho atteso che questa giornata volgesse al termine per ringraziare, con un abbraccio circolare (termine in uso nelle radio napoletane negli anni ’80), tante amiche e amici la cui conoscenza dal “vivo” mi ha concesso nel tempo il privilegio di apprezzarli pienamente.
Mi corre anche l’obbligo di esprimere gratitudine per il gentile pensiero avuto nei miei riguardi, in un giorno importante com’è quello del genetliaco, anche per tante amiche e amici, che in tutta onestà non pensavo di poter coinvolgere.
Sarà facebook, mezzo di comunicazione che spesso offre il destro a critiche grevi per il pessimo uso che taluni frequentatori ne fanno, ma capace, come in questa fattispecie, di elargire una piacevole attestazione di esistenza in vita (senza andare in Comune per il relativo certificato.).
Devo dire che non sono aduso a festeggiare simili date, soprattutto dopo aver passato abbondantemente la maggiore età, ma questi sono gli scherzi da “pretessa” della mia compagna di vita, che si diverte (beata gioventù).
Per ringraziarvi alla mia maniera, pubblico in questa straordinaria giornata un raccontino che riguarda uno dei terracinesi più stravaganti e simpatici che abbia mai conosciuto: Armando Grossi.
Lo ricordo in sella alla bici, con i pantaloni fermati da una graziosa “molletta” per appendere i panni, la “cofana” con gli attrezzi da muratore posta dentro il cestino davanti al manubrio, e l’atletico scendere dalla due ruote con una mossa che Rudolf Nureyev, il ballerino russo, gli avrebbe fatto un baffo.
Scena che andava regolarmente in replica davanti al Bar dello Sport almeno una decina di volte al giorno.
Devo anche dire che non mi ero riservato per questo 13 marzo la pubblicazione del post in pagina, ma l’occasione è veramente propizia: il giorno, il mese e l’anno coincidono (quasi), questo nella speranza di ringraziarvi per il regalo che singolarmente mi avete inviato.
Everardo
Storie popolane di vita vissuta nella Terracina che fu … “Il Dritto”
Era il mese di maggio del 1955.
Tutta la città si era rovesciata al Semicircolo per assistere alla solenne benedizione della statua di bronzo della Madonna del Lazio, che sarebbe stata impartita dal Cardinale Micara e da dove, poi, sarebbe partita per essere issata in cima al Monte Leano, dov’è tuttora.
Intanto troneggiava su di un carro davanti al Monumento di Caduti.
L’artista l’ha colta, forse, prima dell’annuncio dell’Angelo perché il viso è quasi quello di una bimba.
Vi ha infuso una purezza, una grazia e una dolcezza che a mirarla ci si sente immersi in un oceano di serenità.
Finita la Messa, la folla che aveva avuto la possibilità di assistervi, si riversò nella Piazza a ingrossare quella già trabocchevole che c’era.
Fra i tanti che formavano questo “anzaccamurle” c’era anche Armando G. con un gruppo di amici.
Tutto per lui filava liscio e quieto, Coinvolto nella comune allegrezza vi partecipava con gioia spontanea.
Ma ad un tratto accadde qualcosa che gli mandò tutto di traverso.
Rimase, sorpreso, con gli occhi fissi alla porta centrale della Chiesa e si rabbuiò di colpo.
Il Cardinale, circondato dai sacerdoti della Diocesi, aveva alla sua sinistra il Vescovo e alla sua destra, quale rappresentante dell’amministrazione comunale, nientepopodimeno che… il professor Arturo Bianchini, che come lui, era repubblicano, mazziniano e che, come lui – almeno a parole – acceso anticlericale.
Fu una sonora randellata in testa. Sbigottito, mormorò: – ah il professore Bianchino sotto braccio al Cardinale Pio Sesto…!!!
Si riprese, si frugò febbrilmente in tasca, trasse un fascio di tessere di partiti, ne scelse rapidamente una e mostrandola con fare circospetto agli amici, ammiccò furbescamente:
-attento al gioco, ragazzi!
Era una tessera della Democrazia Cristiana.
Cosa volle dire? Questo … tu egregio professore Bianchini ti stai arruffianando ai preti, ma io ti ho fregato perché mi sono già tesserato per la Democrazia Cristiana.
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