La Treppetta
Dopo lo sfollamento Lisa la Cesca abitava in via Posterula, esattamente all’angolo con piazza Tasso.
L’abitazione, composta di un solo vano, era ricavata nella parte superiore di una galleria a botte della piazza (susta) a mezzo di un soppalco di legno, mentre la parte inferiore era la bottega da falegname di Tommasino De Simone, che raccontò quest’aneddoto.
Lisa, dunque, stava cuocendo un calderone di trippetta che il giorno dopo avrebbe dovuto vendere nella baracca allestita a S. Silviano, quando improvvisamente le morì la figliola – di dieci, dodici anni.
Le sue urla misero a soqquadro la Contrada e fu un accorrere di vicini e comari.
Tommasino, dopo essere accorso e resosi conto che nulla poteva fare, ridiscese nella bottega, e, pur avendo un mucchio di lavoro da sbrigare, smise di lavorare e si preparò a passare la giornata seduto sul banco di lavoro.
Nel tardo pomeriggio, però, accadde qualcosa che lo indusse a riprendere il lavoro.
Fu quando Lisa, lasciando repentinamente di urlare il suo dolore, con tono pacato disse:
E visto come stavano le cose era insorto in Tommasino il dubbio atroce che quel “accome facce”, non era forse riferito alla morte della figlia, ma piuttosto alla trippetta. Accome facce … a vendere tutta questa trippetta, che domani ci sono i funerali e a S. Silvano non ci posso andare.
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e.l.