Ormai da 30 anni si ripete periodicamente la confusione nel ciclo dei rifiuti in provincia di Latina che ogni volta si era concluso, nel passato, con soluzioni pasticciate, poco chiare che hanno aumentato l’impatto sul territorio e aggravato il peso per le amministrazioni locali e quindi per cittadini e famiglie. Con la scusa dell’emergenza sono stati compiuti scempi con decreti della regione Lazio che hanno sfregiato il territorio con un forte inquinamento e con il disprezzo di norme, regolamenti, leggi oltre che del buon senso e dell’umanità e della ricerca del bene comune. Il rischio oggi si ripete con le nuove decisioni della regione Lazio con l’ennesimo inconcepibile aumento delle tariffe (+17%) imposte con atti che in un paese civile dovevano essere almeno concordati a livello istituzionale anziché imposti. Aumenti che saranno certamente motivati ma che non possono essere retroattivi e che devono essere concordati per tempo non potendo correre il rischio di bloccare la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti. Aumenti che non possono mettere a rischio bilanci preventivi o consuntivi di amministrazioni che a causa di scelte sempre meno comprensibile e logiche dei governi superiori vengono redatti con maggiore incertezza e rischio. Nè si può giocare il solito ricatto di soluzioni imposte a fronte dell’emergenza rifiuti. Una provincia che da 30 anni ogni volta che cerca di fare i conti e chiarezza su un sistema malato cosparso di arresti, sequestri, condanne, processi in corso per inquinamento delle falde, con emissioni pestilenziali molestre quasi quotidiane, con la scarsità di notizie sulla tutela della salute pubblica per l’inquinamento delle falde, sulla qualità dei prodotti seminati e raccolti su falde compromesse. Ogni volta che verità e informazione stanno per arrivare o solo sembra che stia per giungere arriva un nuovo caso che sembra voler se non mettere a tacere l’informazione e la ricerca dei diritti, costringe a parlare di altro spostando di fatto l’attenzione. Dopo 30 anni non si può tollerare che si arrivi all’ennesima mancanza di impianti di trattamento dei rifiuti o di lavorazione. Nè si può tollerare che la raccolta differenziata sia ferma a livelli del 20 (in molti comuni della provincia) o del 30% (in media nella provincia). Oltre al solito rischio di infiltrazioni del malaffare, alla speculazione, al sistema malato che ha colpito con arresti o con emissioni di avvisi di garanzia dirigenti e amministratori della regione Lazio alcuni addirittura con incarichi e nomine o con cariche elettive, la situazione folle del ciclo dei rifiuti sta procurando malattie e morti nei pressi delle discariche, come di tanti impianti nocivi. Ogni emergenza sembra costruita ad arte per far fallire la differenziata, l’unico metodo per risparmiare energia, recuperare materie prime seconde, creare migliaia di posti di lavoro, per tutelare l’ambiente, le falde, le emissioni in atmosfera. Con la differenziata, il recupero di materiale non ci sono e non ci devono essere costi aggiuntivi rispetto ai costi precedenti. Perchè invece si continua a imporre il ricorso agli impianti di TMB (quindi a inceneritori e discariche) anzichè attuare una raccolta spinta differenziata porta a porta?
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