Sono trascorsi sessanta anni dal quel 1964, quando è stato “tombinato” il canale cittadino dal ponte del Viale della Vittoria a quello di piazza G. Antonelli, il cosiddetto “ponte del Salvatore”.
Vuol dire che due generazioni di terracinesi non conoscono la forma preesistente di quei luoghi e, soprattutto, la continuità della linea d’acqua del canale – e dei canali – dall’alba della nostra città.
Una sciagurata opera, il tombinamento, maturata in sede di discussione del piano regolatore generale negli anni sessanta, e maturata su istanza dei commercianti per far fronte alle esigenze di sosta delle automobili.
Un intervento “miope” e che ha eliminato ogni significato del passato. Non solo, ha condizionato pesantemente lo spazio urbano e le modalità di “godimento” e le attività dei cittadini.
Una nuova unità dei “luoghi”.
Possiamo riprendere il passato, aggiustarne le “storture”?
Questa dovrebbe essere la “missione” di una nuova generazione e di una classe dirigente – culturale e politica – capace di liberarsi delle contingenze quotidiane e di affrontare le emergenze irrisolte che hanno determinato una crisi ventennale.
Perché nel caos di una crisi ci sono due comportamenti: l’uno è di piangersi addosso, l’altro di rimuovere le criticità, di non perdere l’occasione e di migliorare.
Qui, davvero, treni non ci sono più.
Occorre la forza e la determinazione di mettere in pratica il secondo comportamento, con un pensiero nuovo ed una politica aperta e consapevole.
Dovrà esserci dentro quel che dice Renzo Piano, una campagna che diventa un po’ più città e una città più verde, che diventa un po’ più campagna.
Dove la periferia grigia si ricompone dentro una nuova unità dei luoghi, luoghi pulsanti (biblioteche, scuole, musei, teatri, impianti sportivi, piazze, parchi…) dove le persone si confondono, spariscono le differenze, si vivono le stesse emozioni.
La Scuola che trasforma la società.
È aperta al pubblico, presso il complesso monumentale di San Domenico, la visita alla installazione creativa (“che il silenzio non sia silenzio”) curata da Raffaella Menichetti e Antonio Fasolo, con gli studenti del Liceo Leonardo Da Vinci, di Terracina.
Per spiegare il ruolo deludente di molte “Istituzioni” spesso si fa ricorso ad una frase fatta “è lo specchio della società”.
Anche se questo fosse vero, se tutti ne fossimo convinti, ecco che accade qualcosa che ci porta fuori dalla strada delle certezze.
È il caso di questa iniziativa del Liceo: ci racconta un’altra verità, quella della scuola fino in fondo, aperta, viva, della scuola che può trasformare la società.
Armando Cittarelli
ARGO 65
I commenti non sono chiusi.