Quando la cronaca giudiziaria si interessa della politica, non è mai un dato positivo. Ed oggi, particolarmente, così come siamo immersi in una perdurante crisi dei sistemi democratici. Perché tali fatti, al di là della loro evoluzione sul piano processuale, danno una mano consistente al senso comune di cittadini, sempre più numerosi, disinteressati alla vita politica. In questo, accentuando la crisi di “vitalità” della democrazia che invece della partecipazione dei cittadini ha bisogno per sua forma e sostanza.
Ne scaturisce anche un linguaggio – utilizzato da numerosi “avvelenatori di pozzi”, soprattutto sui social – che invece di creare discussioni critiche e costruttive, produce confusione e semplificazione. L’ascolto di pessimi musicisti, non ci porta a dire che la musica non serve a nulla e possiamo farne a meno.
Quando i Greci inventarono la democrazia, nella città non governava il capriccio degli dei né la necessità della natura, bensì “la libertà degli uomini, vale a dire la loro capacità di ragionare, di discutere, di scegliere e revocare i governanti, di creare problemi e prospettare soluzioni” (F. Savater, Politica per un figlio). L’invenzione democratica poneva il potere nell’assemblea dei cittadini, tutti politici in quanto amministratori della polis, che legiferava secondo il principio di maggioranza.
E’ indubbio, la democrazia oggi non è quella antica. E il modo di partecipare, prima di tutto, è diverso, è cambiato (le città greche erano piccole, consentivano a tutti i cittadini di prender parte alle decisioni). Poi, erano cittadini della polis. Gli uomini moderni – spesso oltre la decenza – sono “privati”, con una tendenza al disinteresse verso il bene comune.
Le democrazie moderne sono governate da rappresentanti eletti (ed anche pagati) dai cittadini, per risolvere i problemi della comunità, nella direzione di quanto espresso dalla maggioranza.
Purtroppo, spesso accade che i rappresentanti dimentichino la loro condizione. Gli stessi partiti, così come voluti dalla nostra Costituzione e cioè mezzi attraverso cui i cittadini concorrono alle decisioni politiche, generano l’impressione e ben volentieri non solo l’impressione, di trasformarsi in “centri di potere”, impermeabili alla critica e al controllo. In un quadro del genere, i cittadini possono stancarsi di riflettere sulle decisioni pubbliche e di alimentare una cittadinanza attiva. E, quando lo fanno, lo fanno in difesa dei propri interessi.
Finisce sullo sfondo che il vero interesse del cittadino nel sistema democratico, è ottenere che la società nella quale si vive sia realmente sociale. Una società dove siano garantite le condizioni e i diritti delle persone, dalla salute al lavoro alla formazione. Dove siano assegnate le responsabilità e nessuno sia lasciato solo o perseguitato per la sua diversità…
E, quando si partecipa politicamente alla sua amministrazione, è il bene comune che non deve essere trascurato a favore di interessi particolari.
Allora, probabilmente, la prossima volta che capiterà di ascoltare un pessimo concerto, saremo in grado di capire quel che davvero serve, e cioè cambiare i suonatori e non rinunciare alla meraviglia della musica.
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