L’aggettivo “bello” che proviene dal latino bellus – e questo dall’antiquato benus per bonus – è un termine “iperonimo” (cioè contiene molte altre parole) e come tutti gli iperonimi è chiaro ma carente di specificazione.
Vuol dire che quando lo usiamo dobbiamo farlo con attenzione e precisione.
Terracina bella. In questo caso, “perché bella, in che senso?!”. Per la posizione, il paesaggio, i monumenti, le strade…
Da bello deriva “abbellire” che non è più semplice constatazione, sguardo di qualcosa o qualcuno, di oggetti o di luoghi, ma passa attraverso il “fare”. E quando si tratta di città, sempre come nel nostro caso, significa che parliamo della “cosa pubblica”, magari dell’arredo urbano ovvero di edifici storici e via discorrendo. Quindi, dell’attività posta in essere dall’amministrazione, prima di tutto indirizzata ad una ordinaria ed efficiente gestione dell’esistente. Ovvero, ad un sostantivo, come “manutenzione”.
Nella nostra città, passare attraverso l’aggettivo, il verbo e poi il sostantivo, pare essere impresa da giganti. Una cosa da far tremare i polsi.
Cosa vogliamo scandalizzarci, dell’attraversamento pedonale rialzato di fronte alla Chiesa della Delibera?! È solo l’ultimo intervento in ordine di tempo, che si aggiunge alle piste ciclabili, alla segnaletica stradale, agli edifici pubblici… Non è da oggi, ma questo è una aggravante. Perché sempre gli stessi amministratori (le stesse forze politiche) da oltre venti anni hanno il “pallino” in mano.
Incapaci davanti alle “piccole cose” quando si sono cimentati con quelle più grandi (sia quelle ereditate che quelle avviate in proprio), apriti cielo!
Affrontare il capitolo delle “infrastrutture” (dai Centri Servizi di via Badino a quello di Calcatore, dall’ascensore alla biblioteca comunale, dal centro sportivo di San Martino alla messa in sicurezza di Monte Calvo, …), vuol dire immergersi in un lungo elenco di “incompiute”, che hanno “disegnato”, sulla pelle del tessuto urbano, ferite indelebili.
L’Appia, Regina viarum.
È di questi giorni la proclamazione dell’Unesco: l’Appia antica, la Regina delle Vie, è patrimonio dell’umanità.
Una strada con duemila anni di storia e 540 chilometri da Roma a Brindisi. Una storia che ha incontrato la nostra città e ha contributo alla definizione della sua identità culturale e civile.
Un grande risultato e una grande sfida. Un progetto ampio che vede coinvolte quattro regioni. Sicuramente ne verrà del bene, soprattutto sull’aumento dei flussi turistici. E perché la cabina di regia non è in questa città, proprio come per il teatro romano. Ma questa situazione deve essere affrontata perché ci sono scelte urbanistiche e di programmazione che competono solo al nostro Comune. Nessuno potrà prenderle al nostro posto.
Armando Cittarelli
Per ARGO 68
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