La lettura dell’Ordinanza di custodia cautelare dell’operazione denominata “Free Beach”, che ha portato
all’arresto della Sindaca di Terracina e di molti altri esponenti politici, funzionari amministrativi e imprenditori
si presta a diverse considerazioni.
I fatti hanno comprovato la nostra convinzione che, ormai da diversi anni, a Terracina nella (mala)gestione
della cosa pubblica ci fosse un’occupazione clientelare, affaristica, malavitosa con importanti legami con la
criminalità organizzata.
Ne sono testimonianza non solo gli avvenimenti degli ultimi mesi, ma anche gli esposti su diverse vicende
che negli anni abbiamo presentato presso la Procura, la DIA, la Corte dei Conti, etc.
Ha probabilmente ragione il GIP quando afferma che le varie regalie (pieni di benzina, pranzi, giornate al
mare, fine settimana in campeggi etc.) siano da leggersi come un malcostume atto a facilitare le costanti e
continue violazioni delle normative che venivano poste in essere.
Ma vi è da dire che quelle che appaiono essere “piccole cose”, nascondono, in realtà, un sistema di
malaffare perpetrato negli anni nel rapporto tra imprese malavitose, imprenditori senza scrupoli e politica a
Terracina. Prova ne sia che per far entrare imprese coinvolte in Mafia Capitale non si è evitato, come si
legge nell’ordinanza, di esercitare indebite pressioni sui dipendenti sino al punto di condurne alcuni alle
lacrime.
Si è amministrato in sfregio delle regole e delle leggi dello stato, confezionando appalti su misura, ignorando
bellamente quanto stabilito nella normativa di settore; i soldi pubblici venivano erogati agli amici e agli amici
degli amici senza pudore alcuno, basti vedere la vicenda degli €.48.700 alle associazioni dei balneari finiti
nelle tasche non si sa di chi e con quali modalità. Una vera e propria «mercificazione della res publica»,
come l’ha definita il giudice Giorgia Castriota.
Ovviamente di quanto avvenuto ne portano la responsabilità anche coloro che si sono prestati a questo
gioco e speriamo che con il prosieguo delle indagini anche tali responsabilità arrivino a essere individuate.
Le 690 pagine dell’Ordinanza sono la riprova di quanto sia stato imponente il lavoro degli inquirenti per
arrivare a questi risultati: decine di migliaia di intercettazioni telefoniche e ambientali, pedinamenti, ostacolati
da personaggi di primo piano, che trincerandosi dietro l’immunità, hanno tentato, addirittura di soffocare il
lavoro inquirente chiedendo in più sedi la rimozione di uomini e donne di giustizia che hanno avuto la “colpa”
di essere ligi al proprio dovere e fedeli ai dettami della Costituzione repubblicana.
Ci sentiamo in dovere, quindi, di ringraziare la Procura della Repubblica di Latina nella sua interezza per
l’ottimo lavoro svolto, le donne e gli uomini della Capitaneria di Porto, che hanno condotto le indagini
unitamente agli appartenenti all’Arma dei Carabinieri, entrambe impegnatisi allo stremo, per bonificare la
città di Terracina da questo connubio tra malavita e una certa politica che stava soffocando la città, le attività
economiche, la vita sociale e quella di relazione tra le persone.
Non possiamo sottacere, però, di aver registrato dei limiti nella tempistica d’intervento che rischiano di
ridurre l’incisività dell’attività inquirente.
Abbiamo, infatti, appreso dalla lettura dell’Ordinanza che il lavoro delle Forze dell’Ordine, coordinate dai
sostituti e dal vice Procuratore della Repubblica, è stato consegnato al GIP nel febbraio dell’anno 2021; da
quel momento sono passati ben diciotto mesi per giungere all’emissione dei provvedimenti odierni. Una
dilazione dei tempi che siamo certi sia da ascrivere all’insufficienza di risorse e di organico che denunciamo
da tempo e che deve essere colmata quanto prima.
Una carenza che è di pubblico dominio e che induce nella cittadinanza sfiducia e rassegnazione sia in
relazione all’inutilità del denunciare che nell’impunità che deriva dal sopraggiungere della prescrizione.
Una preoccupazione che facciamo nostra anche in virtù del mancato riscontro, che riteniamo sia da
ascrivere a detta carenza di organico, ad alcuni degli esposti da noi presentati negli ultimi quattro anni con
problematiche della medesima rilevanza di quelle che sono emerse con l’attuale inchiesta e che riguardano,
in alcuni casi, l’infiltrazione della malavita organizzata nel tessuto socio economico e produttivo della città.
Esposti su appalti di opere pubbliche di valore importante; un giro di milioni di euro erogati senza che le
opere in questione abbiano mai visto compimento e/o completamento: parliamo dell’accordo di programma
00192 ROMA-via Germanico 197
www.comitato-antimafia-lt.org
sul quartiere Calcatore, del Parco Arene, del piano della mobilità sul centro storico (due ascensori e un
parcheggio multipiano) dove la gran parte dei soldi sono stati erogati ma non sono stati portati a termine con
l’aggravante che l’azienda ha preso i soldi e se ne è andata.
Copione che si è ripetuto per i lavori del cimitero di via Anxur, per il rifacimento di un tratto di via Badino ecc.
Mancano, nonostante i soggetti coinvolti siano in gran parte gli stessi oggetto dei pesanti provvedimenti
attuali e nonostante vi sia stato l’intervento della Corte dei Conti, i riscontri penali sulla gestione delle
spiagge da parte dell’Azienda Speciale.
Insomma un’insufficienza di risorse i cui effetti negativi sono palesi e che ci porta a rilanciare proposte che
da anni stiamo facendo quali:
a) l’istituzione di un distaccamento della DDA a Latina;
b) il ritorno presso la giurisdizione del Tribunale di Latina dell’area sud della provincia;
c) la creazione di un unico Commissariato di Polizia tra Formia e Gaeta e importante incremento delle
risorse ad esso assegnate;
d) Incremento sui Monti Lepini del numero di caserme della Polizia di Stato oggi completamente
assente nei comuni afferente quell’area.
Per la Sezione Area Pontina per La Segreteria Nazionale
Il Responsabile La Segretaria
Vittorio Marzullo Simona Ricotti
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