Con Rinaldo Di Lello siamo coetanei, dello stesso millesimo, della stessa appartenenza “popolare”, con un distinguo che poi sarà il tratto caratterizzante della sua esistenza terrena: ha sempre lavorato, fin da giovanissima età, andando per mare.
Pochi, quindi, sono stati i momenti di frequentazione ludica per condurre le estenuanti partite a pallone (Super Santos comprato da Maria Barlone dal costo di 450 lire) sui “campi sportivi” della Pineta e della Dogana.
Dagli anni della fanciullezza ci siamo poi rivisti a Maridepocar La Spezia per sorbirci, controvoglia, i venti mesi di Marina, lui destinato a un imbarco per mare io a MaristaeliLuni, presso la stazione elicotteri della MM.
Quaranta anni dopo, il destino ha voluto che ci rincontrassimo alla terracinesissima “spiaggetta”, luogo sacro della nostra gioventù, (la spiaggiona al tempo era soltanto un luogo lontanissimo) per parlare di pensione e delle problematiche che lui stava attraversando per ricongiungere il periodo figurativo del servizio militare.
Incontro voluto dalla moglie Rita, asso portante della sua vita di uomo e di padre.
Senza che nessuno si offenda, da terracinese, per me Rinaldo è il nostro vero eroe, al quale probabilmente non sarà concessa neanche una targa alla memoria.
Ma tantè.
Da amico, vorrei dedicargli una poesia scritta da un altro popolano e verace terracinese, z’Menecucce Paravani, dal titolo
“La barca”
Sono armati na barca di pinzieri e dènti mi ci soni messi a navigaro.
Soni alzati la vela a lla prua p’arrivari al porti e metteri bandiera.
Luccicavene j’occhi miei di marinaro.
Mille notti soni navigati e mille giorni pieni di speranzi.
Ma quanti sono giunti la vela era stracciata e la barca tutta sfasciata.
Bella – allor ce dèssi – muti il tuo pinzieri; chèsta barca non po più navigari.
Ciao Rinaldo.
Everardo