Tante sono state le personalità che nell’arco di millenni hanno raccontato Terracina: da Tito Livio a Goethe, da Curzio Malaparte a Orazio “…Milia tun pransu tria repinus atque subinus impositum saxis late cadentibus Anxur …”.
“Dopo pranzo percorremmo tre miglia e arrivammo sotto Anxur, posta sopra pietre biancheggianti”, scriveva Orazio nel 37 a.C. in una delle sue satire mentre era in viaggio verso Brindisi con l’amico Eliodoro e dove proprio a Terracina fu raggiunto da Mecenate, Cocceio e Capitone.
Goethe, Viaggio in Italia 1749 – 1832. “Tanto più lieta e gradita ci parve la vista di Terracina appollaiata sulla roccia. Avevamo appena finito di goderci quella veduta che arrivammo anche in vista del mare”.
Curzio Malaparte nel 1956 di Terracina scriveva ”Un mare trasparente, dai colori tenui, di pastello che la luce addolcisce e ad ogni momento varia, che par di seta, è un pesante broccato purpureo e verde: nelle sue pieghe sontuose crescono le più celebri viti d’Italia, matura il più famoso moscato di Terracina, la più dolce, la più ricca, la più greca uva del Mediterraneo…”.
Pierpaolo Pasolini, nel libro le “Storie della città di Dio”, dedicò a Terracina il capitolo più lungo e di maggiore interesse dell’intera raccolta.
Il paragrafo si apre con una lunga descrizione del mare di Terracina: meraviglioso e misterioso, attraente e pieno d’insidie nascoste: ”voltò le spalle alla terra e guardò fisso verso il mare, immaginando di esservi solo lui, nel mezzo, lontano, assolutamente lontano, con il solo cielo intorno”.
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Foto: altare rupestre zona San Silviano
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