sabato 23 Novembre 2024,

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Terracina. “Teatro, teatranti, tragedie e tarante e… finte quaquazze!”

scritto da Redazione
Terracina. “Teatro, teatranti, tragedie e tarante e… finte quaquazze!”

Sono contenta che a Terracina sia stato scoperto, rivelato, restituito alla luce, un teatro romano.

È davvero bello, imponente, importante.

Ho passato la vita scolastica (e non solo!) a rappresentare Terracina con la silhouette del tempio di Giove e ora, invece, c’è l’imbarazzo della scelta, perché uno fa fatica a capire quale dei due monumenti sia più importante e degno di simboleggiare la città intera.

L’altro giorno, presa com’ero dal mio fervore campanilistico, mi sono guardata anche una parte del video dell’inaugurazione.

Con quel ridicolissimo tappetaccio rosso piazzato sulle pietre antiche e quella strana roba a metà tra un lenzuolo, un telone da serra e una grossa coperta che è stata tirata giù tra mille impacci e intoppi per “scoprire” ufficialmente il sito restituito ai Terracinesi.

Mi ha stupita molto, però, la dizione del tizio che ha “moderato” l’inaugurazione: un italiano perfetto, senza inflessioni dialettali, con un che di toscaneggiante nella pronuncia…sembrava Carlo Conti! (era Carlo Conti???).

Incredibile, mi sono detta, stavolta non ci siamo fatti trovare impreparati neppure sotto questo punto di vista, siamo così importanti che ci hanno mandato uno che sa parlare! Roba grossa, signora mia! Chissà se anche a lui è successo quello che è successo a me più di vent’anni fa, quando andai nelle Marche a tradurre ad un convegno e dopo tutta la cerimonia mi si avvicinò la sindaca di quel paesino dove stavamo e mi disse: “ma come parli bene, putess dì lu telegiurnale!” In realtà la mia dizione non è perfetta, era quella della sindaca una simpatica catastrofe, manco a dirlo, ma questo qui gliel’ammollava davvero!

Ho guardato pochi minuti di quel video, ma ho visto tante cose.

Ho visto il pacioso funzionario statale che raccontava tronfio e sorridente che “abbiamo dovuto abbattere una palazzina!”. Ma non ha detto che lì ci abitavano delle persone e che una vecchina ha puntato i piedi a lungo prima di andarsene per veder crollare sotto i propri occhi la sua vita intera. Nessuno l’ha menzionata, e a me, stupida che sono, è dispiaciuto: la gloria di alcuni passa sempre, inevitabilmente, sui sacrifici e sulla sofferenza di qualcun altro, secondo quanto la pesa sui piatti della bilancia economica lascia risultare; è così da sempre, ma a me dispiace sempre.

Poi è stato intervistato un tizio mezzo pelato, secco, dalla testolina piccola, la boccuccia tirata, la barba di qualche giorno; uno di quelli che per strada manco li noti. Ma era un importante notabile, uno che qua a Terracina ha fatto (e fa) la storia (miserevole) della città. Costui ha detto che il comune ha investito tanto in questo teatro. Gesù, mi sono detta, stai a vedere che è un restauro comunale! No, non lo è, ma si sa, le menzogne tornano sempre utili alla propaganda.

Nella parte VIP, ovvero sulle gradinate del teatro, c’era tanta, tantissima gente. Chissà con quale criterio sono stati distribuiti i posti! In questi giorni ci sono state molte polemiche sull’argomento:

Il punto è che quelli di serie A erano così tanti che mi chiedo quanti leccaculo ci siano in questa città: hanno ricevuto un invito? È stato fatto tutto aumma aumma? Abbiamo una nutrita classe aristocratica a dispetto della ormai quasi vetusta proclamazione della repubblica? A me sembra, al di là della polemica di fondo, che tutto sarebbe stato molto più credibile se dentro ci fossero andati solo i notabili di elevata caratura, i musicisti, un paio di fotografi e la giunta comunale, non i parenti, i clienti e i serpenti fino alla settima generazione.

Adesso, le luci si sono spente, i leccaculo sono tornati a casa, l’ometto insipido è tornato a Bruxelles, o a Roma, o se ne sta seduto su una comoda poltrona del suo appartamentone in centro.

Adesso, il teatro sta lì.

Dice che è nostro, di tutti noi.

Ma non è vero un cazzo: è solo una risorsa in più per chi ha la possibilità di mettere a reddito questa città: “per fare impresa, potenziare le imprese, sviluppare lo spirito imprenditoriale, dare spazio a nuove imprese”: non l’ho detto io, ma uno di quelli che vengono additati come belle teste pensanti per il futuro della nostra città.

Insomma, belli de casa, il teatro sarà una fonte di guadagno. Quindi scordatevi di poterci andare a passeggiare sognando di essere Giulio Cesare redivivo, di poterne godere appieno. Non ci è stato restituito un bel niente, non è davvero nostro, come non lo è più il Tempio di Giove che una volta era un parco in cui andare a passeggiare e ora un tristissimo e costoso sito archeologico nel quale andare un paio di volte nella vita e basta. A me sembra piuttosto che questa inaugurazione abbia sancito la sottrazione definitiva di questo bene alla cittadinanza, ma si sa, io sono strana assai: almeno prima, quando non se lo filava nessuno, era pieno di merde di piccioni e si vedeva solo in parte, ci potevi andare senza problemi.

Così c’hanno restituito finora un sacco di roba: il palazzo della bonifica, la torre degli Acso, il tempio di Giove, le terme vicino al distributore ENI, l’auditorium di San Domenico, quasi quasi pure l’ospedale vecchio pomposamente inserito in un parco….

Che poi, stringendo stringendo, ma, almeno sto teatro, ce l’avrà l’agibilità??

S’è parlato di separazione tra cittadini di serie A e cittadini di serie B. Già, come se servisse l’inaugurazione di un teatro romano a far capire che quaggiù ci sono i cittadini di serie A, quelli di serie B e pure quelli di serie C.

Annalisa Fusco

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