Anche quest’anno è scoccato e fluito il periodo della tradizionale “Festa del Carmelo” (culto religioso introdotto nell’ottocento dagli originari abitanti della Marina provenienti dalla Campania) e la Processione a mare risalente agli anni trenta, del secolo scorso.
Senza lo sviluppo della marineria e, soprattutto, senza le imbarcazioni, la Processione a mare non avrebbe raggiunto la grande popolarità che per tre decenni all’incirca – dagli anni sessanta – contribuì a dare un “sapore” diverso all’estate terracinese. Non solo, diventò un valore autentico di interpretazione della ricostruzione del dopoguerra.
Il declino dell’agricoltura legata al moscato e l’avanzare del turismo e del terziario commerciale, spostarono il significato della comunità verso la “risorsa-mare”, inconsapevole e fortunato brand di “vendita” delle case, del turismo e di sviluppo delle forme imprenditoriali collegate al tempo libero, alla spiaggia, alla ristorazione e al commercio.
<<La Festa del Carmine ha rappresentato, così, la cartina di tornasole di una realtà sociale ed economica – ed anche politica – che nel punto critico della sua possibilità di egemonia, non è più stata in grado di rappresentarsi anche come una proposta culturale e di “stile” di vita…Quella processione a mare, così conosciuta anche oltre i confini locali, rimase fine a se stessa, un modello ripetitivo, senza un’idea nuova ed originale… Anche la flottiglia di pescherecci è diventata negli anni poca cosa. E quella scintilla originaria s’è spenta>> (“La nuova frontiera”, pag. 43).
Un tempo immobile, quello che si ripete, in una città che si specchia nell’evento (può trattarsi di canzonette o balletti) e dove nulla cambia e lentamente perisce.
Manca il significato, la meta da raggiungere. Ci sarebbe bisogno di un dibattito pubblico sulla “missione” della nostra città.
Non lo si ascolta nemmeno in consiglio comunale, figurarsi.
Un dibattito realistico sul “come” realizzare le infrastrutture per rigenerare la città nello spazio adatto per produrre ricchezza, socialità ed un buon governo in grado di dare una direzione di marcia.
Non dimentichiamo che la nostra è una città del Mediterraneo, di quelle città che vivono la storia intensamente e in maniera speciale, per questo in continuo cambiamento e adattamento allo spirito del tempo.
A leggere con attenzione questi tempi di crisi, possiamo percepire un rinnovato rapporto tra creazione e tradizione. Il futuro di quelle città (anche della nostra io credo) dipenderà essenzialmente da una scelta: la scelta della risorsa intellettuale come leva e motore dello sviluppo.
Ma qui – nella nostra città e a cominciare dalla classe dirigente – vedo tanti, troppi punti ciechi.
Armando Cittarelli
già consigliere comunale del PD
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