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Tipi terracinesi. Personaggi che hanno rappresentato nell’immaginario collettivo la città nel suo aspetto semiserio

scritto da Redazione
Tipi terracinesi. Personaggi che hanno rappresentato nell’immaginario collettivo la città nel suo aspetto semiserio

Nel 1988 nel panorama dell’editoria locale c’era un giornale, Controcorrente, che tentava di raccontare il trascorrere della vita pubblica terracinese.

Tra le iniziative del periodico c’era quella di ridare un posto di primo piano alla riscoperta del dialetto, attraverso la pubblicazione di racconti, aneddoti e storielle dal sapore nazional popolare della Terracina e dei terracinesi dei primi anni del  ‘900.

Di quelle pagine s’interessava Genesio Cittarelli: scrittore e cantastorie delle tradizioni culturali della città.

Nelle molteplici occasioni d’incontro, soprattutto quando era ospite presso la casa di riposo “Curzio Salvini”, Genesio mi ripeteva: “Il giorno che non si sarò più, mi piacerebbe sapere che qualcuno trasmettesse alle nuove generazioni queste “notarelle”. Per me sarebbe come ritornare a vivere”.

Ancora una volta e con estremo piacere teniamo fede alla promessa fatta.

 

Everardo Longarini

 

 

Armando G.

 

La scena di vero teatro dialettale che proponiamo vede protagonista Armando G. (Grossi): il solo muratore al mondo con “papillon” e repubblicano della prima ora, partito che all’epoca del fatto aveva la sezione in piazza Garibaldi, proprio vicino al centralino telefonico pubblico.

Dove quella mattina Armando G. entra per fare una telefonata urgente.

 

Una telefonata

 

Una domenica mattina al centralino telefonico, allora in piazza Garibaldi, entrò mastr’Armanti G. e chiese un numero telefonico di Roma.

Ottenuta la comunicazione iniziò un dialogo che, parlando lui ad alta voce, ascoltato e seguito attentamente dagli astanti;

-Pronti Signorina, c’è l’ingignero?

-…

-Ah! Non ci è!

-…

– Soni Armanti G. di Trascina, riccolammenti, veri!

-…

– Allora, signorina, dicièti al babbi ch’è telefenato Armanti G.

-…

– Veramento, signorina, ci tovèvito parlaro, riccolammenti, veri…

E così dicendo si stroppiacciava il pollice e l’indice della mano destra.

-…

– Ma, ccomo, signorina! Leio mi capiscio, no?!

E più energicamente, all’altezza del ricevitore, stroppicciava le su menzionate dita.

-…

– Va bbene, signorina, non fa gnente. Dicètecelo al babbi, luio capiscio. Benciorne!

Posò la cornetta e poi, con un sorrisetto ironico, rivolto agli astanti esclamò:

– Questi signoro! Quando si tratta di quattrini, riccolamenti, veri, non capisciono mai!

 

Riproduzione riservata.

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