Le più recenti statistiche nazionali ed europee ci dicono che in Italia un giovane su 4 non studia né lavora. Una voragine si sta allargando nella fascia giovanile della popolazione. Una schiavitù dalla quale va promossa una nuova liberazione, come quella dalla dittatura 78 anni fa. Oggi un ragazzo su 4 è a rischio povertà e alla base della crisi economica c’è una crisi di senso per lo smarrimento di un’identità culturale. Incidono il crollo delle ideologie, la perdita di senso e consenso della politica e la secolarizzazione in ambito religioso. È un periodo durante il quale la persona avverte la sensazione di essersi smarrita e di non essere capace di ritrovare la strada. Quel che determina maggiore ansia è l’impressione di non comprendere che direzione stia prendendo la propria vita.
La Chiesa non si sottrae alle proprie responsabilità, indicando così una strada possibile alle istituzioni civili, alla scuola e alla famiglia. Papa Francesco ha affidato la risposta di fede al decreto “Apostolicam Actuositatem” che tratta più da vicino la natura e gli ambiti dell’apostolato dei laici. Con questo documento il Pontefice ricorda con forza come la vocazione cristiana sia per sua natura anche vocazione all’apostolato. L’annuncio del Vangelo non è riservato ad alcuni “professionisti della missione”, ma dovrebbe essere l’anelito profondo di tutti i fedeli laici, chiamati, in virtù del loro Battesimo, non solo all’animazione cristiana delle realtà temporali, ma anche alle opere di esplicita evangelizzazione, di annuncio e di santificazione della condizione umana. Insomma è compito di noi adulti fare in modo che le nuove generazioni non siano come “pecore senza pastore”.
Il Santo Padre si rivolge ai giovani da missionario ed evangelizzatore a livello mondiale, simbolo (anche fisicamente) di una Chiesa che nel disorientamento del mondo moderno, ha certezze da dare e splende come un faro nella notte, trasformandosi in fiaccola che va a portare luce nei suoi viaggi (il prossimo in Ungheria) e nei suoi infiniti contatti. Alla sua grande apertura sui problemi sociali, infatti, corrisponde una disponibilità al confronto sui problemi familiari e morali, senza il timore che aprendo delle brecce in questi campi possa franare un edificio costruito nei secoli. Francesco testimonia che “la radice è nella parrocchia” e ricorda la sua giovinezza, quando il parroco era “un punto di riferimento centrale per la vita della gente: la Messa domenicale, la catechesi, i sacramenti”.
La realtà socio-culturale attuale è molto diversa. La missione della Chiesa è stata ripensata. E l’individualismo, la chiusura nel privato o in piccoli gruppetti, la tendenza a relazionarsi “a distanza” contagiano anche le comunità cristiane. Per reagire alla cultura egoistica il Pontefice propone ai giovani “costanza e fraternità” perché la vita “alle volte ci mette a dura prova, ci fa toccare con mano le nostre fragilità, ci fa sentire inermi e soli”. Ecco il vuoto di senso al quale genitori ed educatori sono chiamati a rispondere. Da una crisi si può uscire più forti di prima se si trovano gli strumenti giusti con cui intervenire. La preghiera della serenità recita: “Dio, concedimi la serenità di accettare le cose che non posso cambiare, il coraggio di cambiare le cose che posso, e la saggezza per conoscere la differenza”.
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