“… Se si sa tutto o quasi della vita di Moro politico, docente universitario, servitore dello stato, in pochi però conoscono il prof in versione “runner” terracinese, e soprattutto cosa ha rappresentato per la comunità terracinese negli anni d permanenza in città.
Ho conosciuto Aldo Moro in una calda estate del 1974, durante una delle sue solite passeggiate sul marciapiede del lungomare Circe, dove la mia comitiva sopravviveva alle “erculee fatiche” dei molteplici bagni di mare e dalle incessanti discussioni in puro e genuino cazzeggio balneare.
Riferisco, in via preliminare, che il “sessantotto” era passato da qualche tempo e del movimento poco o nulla di rivoluzionario avevamo percepito.
Il ’74 è un anno che ricordo bene, non solo perché conobbi Aldo Moro, ma anche perché imperversava la stagione del terrorismo, contrassegnato da: omicidi di sindacalisti, giornalisti, poliziotti, magistrati, inermi cittadini.
Una vera e propria mattanza quotidiana.
Al tempo vedevamo passeggiare sul lungomare Circe, assorto dei suoi pensieri, Aldo Moro: un personaggio politico conosciutissimo a livello internazionale, che aveva raggiunto i vertici istituzionali dello Stato.
Il suo deambulare quotidiano sul marciapiede del lungomare Circe mosse in noi la tentazione di fermarlo per uno scambio di “opinioni”.
In tutta onestà, del deciso proposito nessuno di noi aveva avuto nelle settimane a seguire l’ardire di fermare il “runner” Moro, anche perché era seguito a distanza dagli uomini che attendevano alla sua sicurezza.
Un giorno però vedendolo comparire dalla moltitudine dei “passeggiatori” con la sua andatura particolare, caratterizzata da lunghe falcate a ritmo costante, seguito in strada dalla Fiat 130 blu guidata dal maresciallo Leonardi, presi coraggio e lo fermai.
Restammo a parlare per pochi minuti, mentre intorno a noi s’infittiva in un batter d’occhi il campanello dei curiosi
Avevo con quell’approccio aperto una via di comunicazione con l’Onorevole, che era ben disposto a dialogare e sicuramente un ottimo viatico per approfondire la sua conoscenza e discutere della “questione” giovanile.
Le soste con Moro nelle settimane a seguire si moltiplicarono, come le adunanze dei postulanti e dei soggetti contrari alla sua visione politica.
Nei break c’era chi tentava di baciargli le mani, chi chiedeva un posto di lavoro per il figlio disoccupato, chi gli infilava bigliettini di “suppliche” nella giacca, senza che il Prof manifestasse segni d’insofferenza.
Anzi, accettava, ritengo, con rassegnazione cristiana tutte le “avances”.
Infine, giunse il giorno che per troppo “casino” di gente che si fermava, il maresciallo Leonardi, suo capo scorta, fu costretto ad interrompere la divenuta usanza.
Poi il 16 marzo del ’78 il rapimento e l’uccisione di un uomo mite, sacrificato sull’altare del nulla ideologico.
Morte devastante per i suoi familiari, ma anche per chi lo aveva conosciuto e apprezzato, e se possiamo aggiungere, per l’intera comunità terracinese, che lo ricorda sempre con molta tenerezza …”.
Come noi, del resto.
Oggi come allora.