L’altro giorno il Consiglio regionale ha discusso il Decreto n.368 sulla riorganizzazione della rete ospedaliera recentemente emanato.
Il presidente Nicola Zingaretti nel prendere la parola esordiva affermando (testualmente): ”E’ un documento che abbiamo presentato al Ministero della salute, insieme al ministro Beatrice Lorenzin, che ringrazio di avere offerto questa disponibilità, e come imposto dalla gestione commissariale, alla quale il Lazio è sottoposto, quel documento nasce proprio da un lavoro comune con i ministeri, con il sub-commissario dottor Botti e dal confronto costante con il tavolo di verifica sul Piano di rientro dal deficit e dalle indicazioni contenute nei programmi operativi 2014-2016, che nell’ambito della gestione commissariale rappresentano il principale atto di indirizzo condiviso.
Si tratta dunque di un atto formalmente non sottoposto alla verifica consiliare e certamente non di un atto di una maggioranza politica ma piuttosto di un decreto di diretta emanazione governativa attraverso i passaggi che ho illustrato”.
Un assunto che lascia senza parole. Un’affermazione che ha leso l’intelligenza di tutto il Consiglio regionale e con esso l’intera popolazione laziale.
Una balla colossale, indigeribile, perché tutto il decreto si regge su un solo asse: quello delle scelte politiche.
Si è, infatti, scelto di battezzare Dea di II Livello il Santa Maria Goretti di Latina, piuttosto che quello di un’altra città capoluogo, per questo credo si possa parlare, senza bestemmiare, di una scelta di chiara matrice politica.
La scelta di conservare i DEA di II livello sulla capitale, è un’altra chiara e forse anche legittima scelta politica.
La scelta di potenziare reparti o farne di nuovi, credo possa rientrare nel novero delle scelte politiche della maggioranza che governa la Regione Lazio. O sbaglio?
Quello firmato da Zingaretti – leggendolo bene – è un atto che risponde anche alla logica del furibondo piano di rientro dal debito sanitario, oltre che a quella politica, perché non parla delle esigenze dei cittadini, dei loro diritti a ottenere una sanità pubblica di eccellenza, a dispetto della sostenuta tassazione per reggere l’intero baraccone.
Ecco forse spiegato perché Zingaretti nell’incipit del suo discorso in Consiglio regionale cerca di spostare la responsabilità politica di aver confezionato un atto fuori dalla realtà oggettiva, tirando così in ballo il ministro della sanità Beatrice Lorenzin, e cercando di ricondurre il tutto ad una questione tecnica e lasciando fuori il dato vero: il Decreto n.368 è stato costruito su una mera logica politica, che afferisce esclusivamente agli interessi territoriali del Pd e dei partiti di sinistra, che insieme al presidente gestiscono pro tempore la Regione Lazio.
Fa specie poi sentire le argomentazione a sostegno del piano di riordino della sanità da parte del Consigliere pontino del Pd Enrico Forte, che con nonchalance passa sopra ad ogni legittima critica disconoscendo che questo Decreto penalizza fortemente Latina e la sua provincia, perché cancella interi reparti, come quello di pneumologia e riabilitazione di Gaeta, della UOSD di oncologia di Terracina e di alcune del Presidio Sud, come cardiologia e del servizio di rianimazione, oltre ai servizi di specialistica: chirurgia vascolare, endoscopica, radiologia e oculistica di Formia.
Del pronto soccorso dell’ospedale di Fondi, ortopedia di Terracina, con il taglio del primariato e il declassamento da OUC a UOSD.
Ben sapendo, poi, che per ragioni strutturali il Santa Maria Goretti non potrà mai essere un vero e proprio DEA di II livello, e la tanto attesa rivoluzione della sanità pontina tra qualche settimana tonerà ad essere un miraggio perché si dovrà fare i conti con la cronica mancanza dei fondi necessari per l’assunzione di medici, infermieri, tecnici, attrezzature, ecc.
Solo per fare alcuni nefasti esempi.
E allora, una buona volta, vogliamo parlare di cose serie?
Gina Cetrone